“I miei vangeli sono cinque: Matteo, Marco, Luca, Giovanni….e Fabrizio.” Con queste parole Don Andrea Gallo descrive la profondità e la forza di questa Buona Novella che aggiunge: “Scandalizza i benpensanti, ma è l’eco delle parole dell’uomo di Nazareth che, ne sono certo, affascinò il mio amico Fabrizio”.
La scrittura immancabilmente anarchica di Faber “umanizza” i protagonisti dei vangeli, Maria, Giuseppe, Gesù, “il più grande rivoluzionario di tutti i tempi”, forse anche l’angelo annunciatore e porta in primo piano le storie “minori”, su tutte quelle dei ladri Tito e Dimaco. In questo contesto il Dubbio, da sinonimo di miscredenza, diviene interrogativo utile, strumento indispensabile per restituire gli uomini e le donne dei vangeli alla loro natura autentica, che allontanandoli dal mito, dalla dimensioni agiografica, li rivela fragili, indifesi, timorosi, in due parole….ricchi di umanità.
Ci siamo astenuti volontariamente dal fornire interpretazioni, spiegazioni forzate, di questa poetica cercando solamente, attraverso rapidi estratti di interviste dell’autore che abbiamo inserito tra i brani di cui si compone l’opera, di collegare “le istanze migliori e più sensate della rivolta del ’68 e istanze, da un punto di vista spirituale sicuramente più elevate a da un punto di vista etico sociale direi molto simili, che un signore 1969 anni prima aveva fatto contro gli abusi del potere, contro i soprusi dell’autorità, in nome di un egalitarismo e di una fratellanza universali” (F. De André)
Queste riflessioni rendono tremendamente attuale il significato autentico di questa novella che, in quanto buona, non può non risolversi con un messaggio di speranza, espressioni di quell’amore universale che Tito rivolge alla madre in punto di morte “Io nel vedere quest’uomo che muore, madre, io provo dolore. Nella pietà che non cede al rancore, madre, ho imparato l’amore.”
La Buona Novella di Fabrizio De André resta un esplorazione trascinante dentro e fuori l’animo umano unica nel suo genere. Buon viaggio.